Il gusto dell’Ancien Régime e la nascita della “Ciocco-Mania” in Europa

Ringraziamo il caro amico Sacha Guerra che ci racconta un nuovo interessante capitolo della storia del nostro prodotto preferito: il cioccolato.

Il cioccolato, già ritenuto sacro ai precolombiani, giunge in Europa a seguito della conquista spagnola del Nuovo Mondo e diventa presto oggetto di desiderio alimentato anche dal dibattito sul suo lecito consumo durante il periodo della Quaresima.
Se è ben nota la simbologia sacrale del cacao presso popoli quali: Maya, Inca e in primis gli Aztechi; interessante è anche analizzare la diffusione del cioccolato in Europa e il suo impatto sulla gastronomia, sull’arte dolciaria e sugli aspetti sociali.
Il cioccolato si diffuse nel Vecchio Continente per vie traverse. Giunse alla fine del ‘400 e la Spagna ne mantenne per lungo tempo l’esclusiva. Molti paesi rinomati oggi per la loro produzione, come la Svizzera, non avrebbero potuto costruire la loro fama se non attraverso la diffusione del cioccolato sia dalle regioni della penisola iberica, sia per l’importante contributo del nostro paese: l’Italia.
Particolare risalto ha l’epoca a cavallo tra il ‘600 e il ‘700: il cosiddetto Ancien Régime con i salotti della borghesia illuminista, in cui erano coinvolti sia realtà dipendenti dai domini meridionali appartenenti alla monarchia asburgica di Spagna, sia stati autonomi come la Serenissima Repubblica di Venezia, giunta all’ultima fase del proprio splendore.
È in Sicilia, precisamente nella città di Modica, dove arrivano i primi semi della pianta del “Serpente Piumato”. Viene importato il metodo di fabbricazione del cioccolato in uso agli antichi Aztechi, consistente nel macinare i semi su una pietra che prende il nome di metate. Ancor oggi tale lavorazione è tipica della zona, è infatti uno dei pochi luoghi al mondo in cui il cioccolato viene preparato con questo sistema tanto da prendere il nome di: cioccolato modicano. A tale lavorazione sono legate le prime barrette di cioccolato solido create attraverso la lavorazione “a freddo” nei cosiddetti “lanni” (formelle di latta a forma rettangolare) che consentono ai cristalli di zucchero di non sciogliersi dando la particolare consistenza “sabbiosa”.
Successivamente, il Cioccolato arriva a Firenze, già culla del Rinascimento, e anch’essa città fondamentale per la sua diffusione in Europa.
Il commerciante Francesco d’Antonio Carletti intuisce la grande portata economica del cacao e ne avvia l’importazione dall’America, concedendo poi alla famiglia mercantile lucchese dei Maionchi la distribuzione.
Il 1606 risulta essere un anno fondamentale: vi sono i primi dibattiti sul cioccolato, operati da importanti personalità quali lo stesso Carletti, ma anche Francesco Redi e Lorenzo Magalotti. Vi sono numerose testimonianze scritte riguardo questo periodo presso la Biblioteca Nazionale di Firenze.
La cioccolata entra di qui a poco come tema da trattare nei libri, come testimoniano numerosi scritti:
• 1680: Differenza tra il cibo e ‘l cioccolatte di Giovan Battista Gudenfridi
• 1723: Parere intorno all’uso della cioccolata di Giovan Battista Felici
• 1728: Lettera in cui si esaminano le ragioni addotte dall’Autore del primo parere intorno all’uso della cioccolata di Lorenzo Serafini
• 1728: Lezione accademica in lode della cioccolata di Giuseppe Avanzini
• 1728: Altro parere intorno alla natura, ed all’uso della Cioccolata disteso in forma di lettera di Francesco Zeti
Il matrimonio della principessa Caterina Michela di Spagna con Carlo Emanuele I di Savoia importa il cioccolato a Torino che diverrà la capitale italiana del cioccolato a partire dal 1800.
Un così alto successo porta gli italiani a scontrarsi con la concorrenza spietata dei mercanti olandesi, che hanno nel frattempo strappato agli spagnoli il primato del commercio del cacao. Ma questa guerra commerciale non intacca la diffusione trionfale del cioccolato in Europa.
Venezia è la tappa successiva dove la gloria del cacao trova spazio con un altro prodotto molto ricercato già all’epoca: il caffè. Le botteghe del caffè sono anche botteghe della cioccolata, dove nasce ufficialmente anche l’arte cioccolatiera con la creazione e diffusione di numerose varianti della ricetta, che vede perfino diffusione sui giornali e viene definita una panacea miracolosa.
La Francia è il secondo tassello della conquista europea del cioccolato: Anna d’Austria lo introduce nel paese nel 1615 e diviene ben presto uno degli alimenti principali della corte del Re Sole.
Le sale dorate di Versailles dove spiccano i dipinti di Charles La Brun, gli specchi dei mastri vetrai di Murano chiamati da Colbert per la maestosa “Galleria degli Specchi” e la superba musica di Jean Baptiste Lully, fanno spazio a una arte culinaria già senza eguali.
Accanto a marzapani, amaretti, millefoglie, crema al pistacchio ecc. trionfa anche il cioccolato aromatizzato con vaniglia o cannella, anche per merito della regina Maria Teresa d’Austria, e viene addirittura pubblicato a Parigi, nel 1687, il pamphlet “Le bon usage du the, du caffè et du chocolat”.
Molti sono coloro che vanno ad aumentare la già vasta schiera di ammiratori tra i quali ricordiamo:
Madame de Maintenon la sposa morganatica del Re Sole;
Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, che viaggiava sempre col suo cioccolatiere personale;
Voltaire che sembra bevesse una dozzina di tazze di cioccolata al giorno per combattere la debolezza in tarda età;
Carlo Goldoni nelle sue commedie elogia in vario modo la bevanda (non a caso una commedia è intitolata la Bottega del Caffè);
Giacomo Casanova ne faceva uso per gli effetti afrodisiaci.